• Persone
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Ingredienti

Preparazione

1 pollo di 1,5 kg circa,
1 cipolla,
2 gambi di sedano,
2 carote,
2 pomodori maturi,
mezza bottiglia di vino rosso,
30 g di funghi secchi,
2 foglie di alloro,
2 cucchiai d’olio d’oliva,
sale,
pepe

Ogni tanto i miei amici vegetariani mi chiedono come mai, con tutto il mio amore per la natura, non ho ancora smesso di
mangiare carne. Rispondo con una storia. Tempo fa, dopo essere stata effettivamente vegetariana per qualche anno, ho
avuto un orto e un pollaio. Tenevo una ventina fra galline, anatre e faraone, con una tacchina candida che sembrava
una principessa e un gallo impertinente che se la prendeva con tutti. Era una piccola comunità, ogni animale un
personaggio, e io accudivo i miei polli con tutto l’affetto possibile e tanto divertimento. Quando veniva il momento di
sacrificarli, poi, appaltavo il “lavoro sporco” a un amico contadino. Ma assistevo e spennavo le mie vittime. Devo dire
che ho imparato cosa sia la sofferenza che gli animali vivono per diventare cibo, e quando mangio carne (raramente e
quasi esclusivamente pollame) lo faccio con questa consapevolezza. Ma anche con quel senso pratico che so essere tipico
dei contadini: gli animali, insomma, sono a questo mondo anche per essere mangiati. Non va bene sfruttarli, ma nemmeno
umanizzarli troppo. Così mi preoccupo di acquistare solo polli da allevamenti biologici nazionali, che oggi trovo
comodamente al supermercato. Ho la garanzia che la loro breve vita sia trascorsa nel modo migliore, razzolando a terra
in spazi ampi e con mangimi di qualità.
Non spreco nulla
Pulisco dunque il mio pollo ruspante, che ho acquistato
intero come faccio sempre perché preferisco non sprecare nulla (fegatini per il risotto, testa per il brodo, gambe per
il gatto…). Lo cucinerò come comanda la miglior tradizione lombarda, cioè alla cacciatora, con quell’umido profumato
che, abbinato a una bella polenta, è ideale per una cena invernale con gli amici. Non senza fatica lo divido in pezzi:
gli ossi sono duri e la carne soda, tutti segni di un allevamento secondo natura, durato almeno dieci mesi. Togliere o
no la pelle? La lascio, confortata dalle ricerche del dietologo Oliviero Sculati. Pare che non ci siano grandi
differenze, rispetto al contenuto di grassi, se la pelle viene tolta o meno. Quello che ci guadagna invece è il sapore,
migliore nel secondo caso perché l’involucro di pelle conserva i gustosi succhi, e al tempo stesso cede alla carne il
suo sapore.
Uso una “cocotte” in terracotta
Trito carota, sedano, cipolla e aglio per il soffritto, li metto a scaldare con due
cucchiai di olio, poi aggiungo i pezzi del pollo, due foglie di alloro e li faccio rosolare a fuoco vivo nella verdura,
finché sono dorati. Aggiungo due grossi pomodori maturi, che ho pelato (conoscete il trucco? basta tuffarli in poca
acqua bollente e la pelle viene via subito), privato dei semi che danno acidità al sugo e tagliato a dadini. Bagno il
pollo con una dose generosa di vino rosso, metto il sale e abbasso la fiamma al minimo. Per questa ricetta ho scelto
una cocotte, cioè una casseruola di terracotta. Ho una vera passione per la terracotta, che riservo alle cotture lunghe
e dolci come gli umidi o i legumi. Trovo che, in questi recipienti, i sapori riescano ben amalgamati senza bisogno di
troppi grassi. Aggiungo i funghi secchi porcini che ho prima ammollato in acqua, e un po’ della loro acqua filtrata, il
sale e lascio cuocere per un paio d’ore finché la carne è tenera e saporita al punto giusto. Quale, direte? Già,
dimenticavo! Fra le tante cose che i miei polli mi hanno insegnato c’è anche il sapore, il gusto vero della genuinità.
L’ho registrato nella memoria e ogni volta faccio il confronto. Sì perché, alla fine, i polli “felici” sono più buoni.