Come è nato l’aperitivo? Un po’ di storia
L’aperitivo è un’abitudine radicatissima che diamo quasi per scontata, che associamo alla compagnia degli amici, a un buon drink e del finger food. Che sia un aperitivo in casa o in un locale patinato, a base di cocktail elaborati o bevande analcoliche, l’aperitivo è parte integrante delle nostre abitudini. Ma sapevate che l’aperitivo è stato praticamente “inventato” in Italia?
Le origini dell’aperitivo comunque – più che al contesto sociale della bevuta post ufficio – sono da collegarsi alla qualità delle bevande che si consumano come aperitivo. In che senso? Lo scoprirete seguendoci nel nostro viaggio lungo la storia dell’aperitivo.
Quando l’aperitivo era una medicina: Ippocrate
La prima bevanda della storia definita “aperitivo” risale nientemeno che al V secolo a. C., e venne messa a punto da Ippocrate (si, quello del giuramento dei medici). Il più celebre medico dell’antichità infatti aveva creato una bevanda a base di vino aromatizzato con assenzio e altre erbe. Questa bevanda alcolica era particolarmente amara, e veniva utilizzata in casi di inappetenza per “riaprire” lo stomaco. Ippocrate non lo sapeva, ma parecchi secoli dopo la ricetta del suo medicinale sarebbe diventata la base per una bevanda di tipo più comune.
La ricetta di Ippocrate infatti si è tramandata nei secoli, ed era ancora utilizzata (almeno a grandi linee) dai frati alchimisti nel Medioevo.
Un liquore per aperitivo: il vermouth
Il primo liquore aperitivo paragonabile a quelli odierni viene inventato a Torino a fine ‘700 ad opera di Antonio Benedetto Carpano, e la sua funzione era proprio quella di essere consumato prima dei pasti per stimolare l’appetito. La bevanda in questione altro non era che un vino aromatizzato con l’aggiunta di china: il suo nome era vermouth, un liquore che ancora oggi consumiamo, e non solo in Italia.
A fare la fortuna del vermouth fu una testa coronata, e cioè Vittorio Emanuele II, che lo apprezzava proprio per il suo gusto lievemente amaro e che ne fece la bevanda ufficiale di corte. In breve il vermouth divenne la bevanda must anche per personaggi storici come Cavour o Garibaldi, e presto arrivarono emuli e variazioni sul tema, che a loro volta ebbero gran successo.
Come organizzare un aperitivo a tema
Gli altri liquori da aperitivo: amaro, Martini e Campari
Se nel giro di qualche decennio Antonio Benedetto Carpano aveva avuto un successo tale col suo vermouth da avere una bottega aperta h24, anche altri seguirono il filone dei liquori da aperitivo.
Ad esempio nel 1815 in quel di Milano viene messo a punto il primo aperitivo non a base di vino, cioè l’Amaro Ramazzotti, che viene fatto con una combinazione di circa 33 erbe. Il suo inventore, Ausano Ramazzotti, era in realtà un farmacista (ricordate la storia di Ippocrate?). Il boom vero e proprio dell’amaro arriva verso metà ‘800, quando il signor Ramazzotti apre un bar vicino al Teatro la Scala, dove il suo amaro diventa l’aperitivo più gettonato dai milanesi.
Sempre negli stessi decenni in Piemonte emerge un altro nome famoso che ancora oggi siamo abituati ad associare all’aperitivo: si tratta dei produttori di vini Rossi e Martini, che inventano il Martini bianco (anche detto vermouth bianco). Si tratta di un vermouth molto particolare fatto con vino moscato e arricchito con una serie di erbe lasciate a macerare. Presto arriva anche la versione “dry”, dal sapore più deciso e più amata dal pubblico maschile.
Sempre negli stessi anni (siamo ormai all’Unità d’Italia) arriva un’ulteriore alternativa al vermouth, anch’esso tutt’ora celeberrimo. Si tratta del Campari, creato da Gaspare Campari, che nel suo celebre caffè di Novara sperimentava liquori innovativi. Sempre a base di erbe (la ricetta originale è segreta), si caratterizza per il colore rosso acceso, e viene battezzato “Bitter”, parola che in tedesco vuol dire sempre amaro. Ad oggi il marchio è famoso in tutto il mondo, ed è uno dei simboli dello stile di vita italiano. E’ peraltro utilizzato per fare molti cocktail famosi (qui trovate la ricetta del Campari killer in red).
Come era l’aperitivo di una volta?
L’aperitivo di cui abbiamo parlato fin’ora, inteso come bevanda moderatamente alcolica da consumare prima di un pasto, si inserisce nel contesto del caffè ottocentesco, diverso (ma forse non troppo) dall’attuale bar. Frequentare il caffè era all’epoca un’abitudine molto gettonata nelle grandi città, e particolarmente amata da da politici, artisti e intellettuali, che proprio in questi luoghi di ritrovo – oltre a sorseggiare i loro aperitivi – discutevano delle loro idee.
L’abitudine dell’aperitivo fatto al bar in prossimità dei pasti (pranzo compreso) si è man mano radicata nello stile di vita, diventando qualcosa di davvero tipico in Italia per tutto il ‘900. Questo tipo di aperitivo però è ben diverso dall’odierno Happy Hour, ed è molto più scarno e veloce. Viene fatto quasi sempre a base di bevande come Vermouth o Campari, ma il cibo si riduce a qualche oliva o altri stuzzichini come salatini e simili.
L’aperitivo oggi: l’happy hour
Se nei bar di paese o di quartiere ci si imbatte ancora in persone che fanno l’aperitivo “alla vecchia maniera”, che consiste in un vermouth da bere al volo prima di andare a pranzo, negli ultimi decenni si è diffuso moltissimo l’aperitivo versione “happy hour” che è qualcosa di decisamente diverso.
Questo tipo di aperitivo ha cominciato a prender piede a partire da Milano negli anni ’80-’90, riprendendo il concetto di happy hour americano, per poi dilagare in tutta Italia. Con l’happy hour il concetto di aperitivo cambia ancora una volta: idealmente dovrebbe svolgersi tra l’uscita dall’ufficio e la cena, ma spesso e volentieri la fascia oraria dell’aperitivo si dilata e va a soppiantare la cena. Anche per questo l’abitudine dell’happy hour può essere almeno in parte paragonata alla tradizione delle tapas spagnole, la quale prevede però una modalità più itinerante, da un bar all’altro.
La lista di bevande da aperitivo si allunga includendo parecchi cocktail, tra i quali uno dei più amati è il sempre italianissimo Spritz (evoluzione dello “Spriss”, tipico del nord-est). Oltre ai cocktail si consumano abitualmente anche birre chiare, e qualcuno rimane fedele ai vari Martini dry o Campari. Al fianco delle bevande il cibo acquista una sempre maggiore importanza, tanto che ad oggi moltissimi locali propongono la cosidetta “apericena” (termine odiato da alcuni, ma che rende bene il concetto). A disposizione dei clienti si mette un ricco buffet di stuzzichini anche piuttosto sostanziosi, che possono tranquillamente sostituire la cena a fronte di una spesa contenuta.
Ad oggi l’aperitivo è un contesto sociale amatissimo e diffusissimo in Italia: meno impegnativo (anche economicamente) di una cena, ci permette di rilassarci e stare in compagnia, vedere gli amici e perchè no – uscire con quel corteggiatore col quale ancora non ce la sentiamo di andare a cena fuori.
L’aperitivo in casa
L’aperitivo in versione happy hour è facile da organizzare anche in casa, ed è un ottimo modo per coinvolgere gli amici creando una situazione più scanzonata e disimpegnata rispetto a quel che potrebbe essere una cena. Noi vi rimandiamo alla nostra guida per organizzare l’aperitivo in casa, con tante idee e ricette per gli stuzzichini e per i cocktail adatte anche a chi è a dieta (a proposito: sapete quante calorie ci sono nei cocktail?) o a chi segue un regime alimentare vegano.