Inverno e inizio primavera: la stagione migliore per i carciofi. Ma come distinguere quelli adatti a ciascuna cottura? Ne esistono tantissimi!
Ecco una guida per saperne di più.
Partiamo dal carciofo violetto siciliano: ha la forma di un calice chiuso e in cucina è perfetto per la brace, i sott’oli o sott’aceti o come base per piatti di verdure cotte.
Variante del romanesco, il carciofo di Paestum ha il riconoscimento IGP.
Ha forma tonda, non ha spine ed è molto tenero. E’ uno dei carciofi più apprezzati e viene prodotto nella Piana del Sele.
Originario della costiera, il carciofo di Castellammare, ha un colore violaceo, quasi tendente al rosso, è arrotondato e senza spine.
Alcune volte, facendo parte della varietà del Romanesco, viene sfruttato per le tipiche preparazioni laziali, come i carciofi alla giudia.
Il carciofo violetto della Toscana ha foglie molto scure nella parte esterna e chiarissime all’interno. Tanto duro all’esterno, quanto tenero all’interno.
Perfetto con fave e pecorino, sia crudo, che in un sugo della pasta, magari con l’aggiunta di un altro ortaggio tipico di fine inverno e inizio primavera, l’asparago.
Dalla Laguna di Venezia, una varietà di carciofo chiamata di Sant’Erasmo, tenero, carnoso, allungato, che viene solitamente abbinata ai piatti di pesce locale.
Perfetti fritti, in pastella, o cotti con aglio e cipolla.
Ha un profumo molto forte, quasi floreale. Foglie tenere e gustose, dolci e carnose.
Il carciofo sardo è spinoso ed è delizioso consumato crudo, in pinzimonio o, eliminando le foglie più esterne e dure, in carpaccio, condito con olio, limone, sale e pepe.
Come prima cosa è importante imparare a tagliare i carciofi nel modo migliore, scoprilo con noi
I carciofi sono tipici del Lazio: alla giudia o ripieni, sono uno dei prodotti base della cucina romana.