“Mostum” in latino, “možt” in francese ma anche “moutarde” come “mustard” in inglese… “mostarda” in italiano… Se è vero che come dice l’antico detto nomen omen qual è la vera etimologia alla base delle tante mostarde di cui è ricca la cucina italiana?
Dove nasce e da cosa prende nome questa golosa conserva di frutta presente come prodotto gastronomico locale in larga parte del nostro territorio con tante diverse ricette? Donna Moderna ha avuto il piacere di ascoltare le parole delle Dott.ssa Carla Spotti, console Touring Club di Cremona e Accademica della Cucina italiana, che in occasione della presentazione del Festival dell Mostarda ci ha raccontato alcune sfiziose curiosità.
Che cos’è la mostarda e cosa contiene
Ripartiamo dal principio e spieghiamo per bene. Tutti sappiamo che Oltralpe la parola “moutarde” identifica sia la pianta di senape (i suoi semi, la farina o l’essenza da essi ricavata) sia le salse senapate; lo stesso avviene in Inghilterra con la parola “mustard“. In Italia invece con il termine “mostarda” ci si riferisce a conserve, tra loro anche molto diverse, a base di frutta trattata con zucchero o miele, mosto o senape distintamente. Nonostante dal punto di vista etimologico come spiegano Carla Bertinelli Spotti e Ambrogio Saronni in “La Mostarda di Cremona” il termine “mostarda” ovvero “mustum ardens” contenga riferimenti sia al mosto che alla senape, le mostarde italiane hanno generalmente perso per strada o il primo o la seconda.
Accanto alle mostarde cremonese, mantovana, pavese e vicentina preparate con la senape ma senza mosto, abbiamo così la mostarda di Carpi, in Emilia Romagna, quelle del Piemonte, le calabresi e le siciliane che sono a base di mosto cotto prive di senape. L’ingrediente comune a tutte le mostarde italiane resta invece sempre e comunque la frutta: un solo tipo di frutta come è a Mantova per la mela “campanina” e a Vicenza per la mela cotogna, oppure tante varietà come a Voghera e a Cremona. Dove non è raro che si aggiunga addirittura della verdura come la zucca.
Quante mostarde diverse esistono e dove si possono trovare?
In Italia sono molte le preparazioni che non prevedono l’uso della senape ma il solo mosto d’uva, oppure il mosto con frutta come pere, mele, pesche, agrumi e fichi d’India. Così ne parla Graziella Picchi in “Le conserve”.
La mostarda siciliana, tradizionale conserva del periodo della vendemmia considerata un vero e proprio dolce, si prepara facendo addensare il mosto cotto con l’amido di farina. Il composto in alcuni paesi insaporito con cannella, vaniglia o mandorle tostate, deve essere fatto poi asciugare al sole in formelle e conservato in barattoli con foglie di alloro.
La mostarda di fichi d’India anch’essa tipica della Sicilia, in particolare del Catanese, è prodotta con la medesima procedura con mosto d’uva e amido impastati a frutti interi sbucciati.
Nei paesi albanesi della Pre-Sila Greca in Calabria la preparazione tipica è la mostarda di pere e mosto freschissimo (pre fermentazione). Una mostarda simile a purea impiegata per preparare torte e crostate oppure da spalmare sul pane come una confettura.
In Puglia, la mostarda di uva e mele cotogne si prepara facendo bollire in acqua zuccherata un uguale quantitativo di mele e uva. I due ingredienti si trasformano in cottura in un denso sciroppo da conservare tra foglie di vite e alloro in recipienti di terracotta foderati con un velo di olio. Una ricetta antichissima il cui procedimento viene citato in un testo di Apicio.
Per preparare la mostarda toscana si fa bollire il mosto d’uva nera con scorze di limone e cedro con mele cotogne e renette, pere e pesche tagliate a pezzi. Raggiunta la consistenza desiderata si aggiungono poi cannella e chiodi di garofano.
La mostarda piemontese annovera 2 ricette. Nella prima si adopera unicamente uva barbera e la si fa cuocere a fuoco lento fino a farla ridurre di 2/3. Nella seconda si aggiungono al mosto cotto delle pere, delle mele cotogne, fichi e zucca; spezie come cannella e chiodi di garofano e a volte anche frutta secca come noci, nocciole e mandorle.
La mostarda lombarda che tutti conosciamo è infine un insolito e piccante mix di frutta, sciroppo di zucchero e senape sapientemente dosati.
Le origini della mostarda di frutta senapata
Quando sono nate le mostarde di frutta senapata che oggi Cremona e Mantova vantano tra le proprie eccellenze culinarie? Alcuni trattati di cucina del 1300 e del 1400 già ne portano testimonianza in quei lontani secoli, il primo documento ufficiale che menziona il prodotto così come lo conosciamo è datato 1397 e si riferisce all’ ordine di “uno zebro grande de mostarda de fructa cum la senavra” fatta dal cancelliere del duca Giangaleazzo Visconti, signore di Milano, allo speziale Pietro de Murri di Voghera.
La prima mostarda di frutta senapata lombarda di cui quindi si hanno testimonianze è quella di Voghera, in provincia di Pavia. Anche se oggi la produzione, stimata in circa 12 milioni di euro, si è concentrata soprattutto fra le province di Mantova e Cremona.
A Cremona in particolare sono localizzate le imprese di dimensioni maggiori come Dondi, Sperlari e Vergani. Il perché della sua fama va ricercato nell’abilità dei produttori e nulla sua riconosciuta bontà. Per non meravigliarsi basta tenere conto che la mostarda di Cremona è già conosciuta in Europa nei primi anni del 1600. Possiamo addirittura leggerne la ricetta in “Ouverture de cuisine”, un ricettario pubblicato a Liegi nel 1604.
Come si fa la mostarda di Cremona?
Anche circoscrivendo il nostro interesse alla mostarda di Cremona esistono in verità tantissime ricette diverse paese per paese e famiglia per famiglia. Clicca qui per leggere quella che presentiamo di solito ai lettori di Donna Moderna. Di seguito la ricetta artigianale elaborata da Diego Luccini per i clienti dell’Osteria de L’umbreleèr di Cicognolo. Le dosi degli ingredienti sono 1 kg di frutta al netto (mele, pere, agrumi), 600 g di zucchero, 7 gocce di senape. Attenzione ai tempi d’attesa canonici da rispettare.
Come prima operazione la frutta mista (pulita, sbucciata e fatta a pezzi) deve essere lasciata macerare per 24 ore coperta dallo zucchero, avendo cura di mescolarla di frequente. Questo tempo è necessario perché il processo osmotico dello zucchero nella frutta e dell’acqua dalla frutta possa essere efficace. Dopo 24 ore si formerà un liquido abbondante che coprirà completamente la frutta. Una volta portato il tutto ad ebollizione, dopo circa 10 minuti, si toglie la frutta, che deve mantenere una consistenza soda, e si lascia che il liquido continui a bollire fino a raggiungere una densità simile a quella del miele. A questo punto si rimette la frutta nel liquido avendo cura che ne risulti completamente ricoperta in modo tale da evitare che si secchi e la si lascia in immersione per altre 24 ore: la frutta va ancora in osmosi con lo zucchero accentuando il processo di canditura a garanzia dell’eliminazione dei processi di fermentazione e del raggiungimento della giusta consistenza. Infine, dopo aver ben diluito la senape, la si versa con cura sulla frutta mescolando più volte. Ed è solo dopo altre 24 ore di attesa che la mostarda di Cremona si travasa nei barattoli sterilizzati, a freddo, in cui rimarrà chiusa ermeticamente.
I migliori abbinamenti a tavola con la mostarda
Oggi la conoscenza di nuovi cibi e stili alimentari da tutto il mondo ha contribuito a trasformare i gusti e soprattutto i modi di uso degli alimenti oltre che gli accostamenti dei condimenti alle pietanze. La Mostarda di Cremona non è esente a questo processo. Questa conserva non è infatti più soltanto un tradizionale accompagnamento a bolliti e arrosti, ma si presta a nuove combinazioni con i cereali, soprattutto riso e mais, con le verdure e i formaggi. Perfetta se impiegata nella preparazione di moderni stuzzichini per brunch e aperitivi, si può utilizzare nei primi, per esempio come ripieno di ravioli e tortelli, nei secondi e non da ultimo nei dessert.
Dove assaggiare la mostarda?
Chi è alla ricerca dell’occasione per conoscere e assaporare le mostarde proposte da numerosi produttori artigiani, delle mostarde della tradizione ma anche ricette innovative che rendono questo antico prodotto una scoperta sempre nuova non può perdersi il Festival della Mostarda.
Un festival ricco di eventi, incontri con i produttori, degustazioni gratuite, seminari, laboratori per bambini, aperitivi nei locali del centro, musica tra concerti e DJ set. Sono solitamente 2 i weekend di ottobre dedicati a questa eccellenza gastronomica lombarda: uno a Mantova e uno a Cremona.
A Cremona in particolare il Festival si tiene abitualmente al PalaMostarda, una tensostruttura che viene allestita presso i Giardini Pubblici di Piazza Roma, con spazi espositivi visitabili lungo tutto il fine settimana. Durante la manifestazione, oltre agli abbinamenti più tradizionali con il bollito e i formaggi, vengono presentate nuove interpretazioni culinarie della mostarda all’interno della cucina contemporanea, con la collaborazione dell’Accademia Italiana della Cucina e della Strada del Gusto Cremonese.