Quando qualcosa in noi sembra non funzionare e tristezza e ansia prendono il sopravvento, si rischia di rifugiarsi nella dispensa e nel frigorifero. I cibi consolatori sono in grado di regolare la sfera emotiva, mettendo in connessione l’intestino e il cervello, in un dialogo che può rivelarsi deleterio. Cioccolato, patatine fritte, dolci e junk food in genere non sono sazianti per lo stomaco, ma per il bisogno di conforto che si avverte in un determinato periodo. Quella fame incontrollata che porta a mangiare non per un bisogno fisico ma per una spinta emotiva.

Diverso è il discorso legato alle tradizioni di famiglia, quel comfort food che fa parte della sfera affettiva, dalla memoria proustiana. Sono i piatti preparati dalle nonne, condivisi con le persone care: sono tutti cibi di conforto perché infondono positività e ricordi belli a ogni morso.

Quando il comfort food diventa un pericolo

Risolvere i periodi no con i comfort food può rivelarsi dannoso per la salute. Il problema è la dipendenza incontrollata da questi cibi consolatori, che danno la sensazione di riempire spazi vuoti. È questo meccanismo che rischia di innescare un circolo vizioso pericoloso, che aumenta se il comfort food è anche un junk food, ossia il cosiddetto “cibo spazzatura”, ricco di grassi, zuccheri e sale, e spesso di tipo industriale. Cosa scatena la fame emotiva? Tristezza, noia, rabbia, senso di solitudine, ansia, frustrazione, la fine di una relazione, la sofferenza sono tutte emozioni che portano a perdere il controllo sul modo di mangiare. Ciò comporta un aumento del peso corporeo, che può condurre fino all’obesità.

I cibi dialogano con il cervello

Perché un pinzimonio di verdure, ad esempio, non è consolatorio? La risposta è banale: finocchi e sedano non parlano al cervello come le patatine fritte. Non hanno grassi, zuccheri e sale responsabili dell’attivazione di sostanze chimiche nel corpo in grado di provocare un senso di appagamento, benessere e gratificazione. In sintesi: si tende a cercare i cibi che riescono a renderci felici. Ma solo in apparenza. In quel preciso istante è ciò che serve all’organismo per combattere tristezza e depressione, ma non risolve alla radice il disagio emotivo. Cioccolato, snack ipercalorici, hamburger colmi di salse stimolano il rilascio da parte del cervello di segnali della fame. Più si mangia comfort food e più se ne mangerebbe.

Perché il comfort food dà dipendenza e come riuscire ad allontanarsene

Dipendenza da comfort food: lo studio

I ricercatori guidati da Lukas Van Oudenhove, MD, PhD, dell’Università di Leuven in Belgio, hanno utilizzato scansioni funzionali per tracciare le aree del cervello di un gruppo di persone. Le aree cerebrali si sono attivate quando 12 individui sani non obesi hanno sperimentato tristezza e poi hanno ricevuto un’infusione di acido grasso o soluzione salina. Molti cibi consolatori contengono una notevole quantità di acidi grassi. I partecipanti hanno ascoltato musica triste o neutra durante la visualizzazione delle immagini di volti tristi o neutri. È stato chiesto loro di valutare la pienezza, la fame e l’umore prima della risonanza magnetica e durante la scansione cerebrale. I partecipanti non sapevano quale infusione avevano ricevuto. Ma coloro che hanno ricevuto gli acidi grassi hanno riferito di sentirsi tristi circa la metà di quelli che hanno ricevuto l’infusione salina.

Interazione tra emozioni e fame

I risultati dello studio mettono in evidenza le interazioni tra emozioni e fame, fra assunzione di cibo e sensazioni indotte dai pasti in generale, che possono avere importanti implicazioni per una vasta gamma di disturbi tra cui obesità, disturbi alimentari e depressione. È stato acclarato, quindi, che deve esserci un modo in cui l’intestino parla al cervello. Le aree del cervello che vengono attivate o soppresse a causa delle emozioni e dell’umore sono state influenzate dall’emulsione di acidi grassi. Le persone che sono obese, in questo modo, potrebbero dover mangiare di più per ottenere la stessa stimolazione degli individui di peso normale, come evidenziato dallo studio.

Come evitare la sazietà antidepressiva

Il mangiare emotivo è un meccanismo di coping per affrontare sentimenti intensi, stress o stati d’animo depressi, e aumenta la possibilità di obesità. È ormai dimostrato come la nostra voglia di mangiare sia fortemente guidata e condizionata dagli stati d’animo e dalle emozioni. Gli acidi grassi hanno effetti stabilizzatori dell’umore e antidepressivi, nonché effetti benefici sulla sazietà. Come riuscire allora ad allontanarsi dal comfort food che provoca dipendenza? Esistono alcuni accorgimenti che consentono di tenere a bada questo istinto consolatorio. Vediamo i principali.

  • Capire se si mangia per fame o per disagio. Comprendere quando si ingurgita del cibo per soddisfare un’emozione è un grande passo per tornare a una alimentazione più sana ed equilibrata. La consapevolezza consente di accettare e gestire gli attacchi di fame emotiva.
  • Fare uno schema per una routine sana. Pianificare i pasti durante la settimana, o almeno per qualche giorno, a cadenza regolare, scegliendo alimenti come frutta, verdura, cibi integrali, latte e formaggi magri, carne, pesce e legumi consentirà di avere più sazietà a breve e a lungo termine.
  • Non giudicarsi troppo severamente, ma mangiare consapevolmente. Un metodo efficace e positivo per riscoprire una sana alimentazione potrebbe essere quello della pratica della mindful eating, in grado di ristabilire una relazione salutare tra emozioni e cibo.